Le caserme alpine
La Rocca d’Anfo
Dall’epoca della costruzione del primo nucleo fortificato, verso la fine del 1400, fino ai giorni nostri la Rocca d’Anfo ha vissuto tante vicende, gloriose o meno, luttuose in tempi grami di guerre e scorribande di eserciti oppure più benefiche per le popolazioni locali in tempi di pace.
Il periodo successivo all’Unità d’Italia fu sicuramente fra i più felici e vide un fervido impegno di lavori di rafforzamento e completamento del complesso sistema di fortificazioni che ancora oggi possiamo constatare. Una fresca testimonianza di tali vicende venne fornita dall’anfese Giovanni Zecchini (Anfo, 1881-1977) e raccolta dalla locale Pro Loco nel pregevole volumetto “Memorie sulla Rocca d’Anfo”, pubblicato nel 1976. È proprio lo Zecchini a ricordarci che alla Rocca aveva anche periodicamente sede il Comando del battaglione di alpini, con un presidio ordinario, da maggio a settembre, di una compagnia.
Dal 1875 la 21a compagnia del VI Battaglione di Verona (Distretto di Brescia e Vicenza), ha la propria sede estiva alla Rocca d’Anfo. Nel 1878 nella Rocca prende sede la 28a compagnia del VIII Battaglione Alpini, di stanza a Desenzano.
Una relazione del 1881, tratta da L’Illustrazione Italiana, ci descrive un’escursione della 27a Compagnia di Alpini, di stanza a Breno, che attraverso Campolaro, Croce Domini e la Val del Caffaro fa visita alla 28a stanziata alla Rocca d’Anfo: entrambe appartenevano all’8° Battaglione che in quel momento teneva il suo comando a Breno. Il giornalista relatore, evidentemente colpito dallo spirito di “«… uno dei più simpatici corpi dell’esercito italiano”, descrive con grande entusiasmo l’alt per la colazione in Cadino, dove «… mentre lenta lenta scendeva una rada neve (siamo al 10 giugno) e malgrado il vivissimo freddo era bello vedere i robusti ed allegri soldati ammannire a due o a tre insieme il proprio rancio…
E lo spettacolo fu ancor più bello quando le trombe, finito il pasto, si diedero a suonare allegre marcie alle quali di tratto in tratto faceano coro colla potente voce alcuni dei più allegri di quella balda e simpatica truppa». L’escursione si conclude nella Rocca d’Anfo, dove «…dalla più alta cima a ben 600 metri di ripidissima ascesa dal letto del lago mi estasiai lungamente nella magnifica vista di Val Bona…».
Questi aspetti di simpatica gaiezza suscitati immancabilmente dalle truppe alpine, viene sottolineato ancora a tanta distanza di tempo anche da Giovanni Zecchini, collegati proprio a ricordi di esibizioni canore e musicali; il fatto che tali truppe fossero composte da organici reclutati proprio nelle zone montane contribuiva non poco a farle sentire vicine alla popolazione. Dice infatti lo Zecchini: «… Ogni Compagnia degli Alpini aveva la sua fanfara composta di otto o nove elementi, la quale ogni sera, dalle otto alle nove, si recava in paese per suonare la ritirata e all’uopo suonavano tre marce, raramente intercalate da una mazurca o da un valzer. Succedeva qualche volta, nel mese di maggio, che gli Alpini cominciassero a suonare mentre la popolazione era in Chiesa. Da quel momento i ragazzi non si potevano più tenere e il sacerdote affrettava la chiusura della predica per dar via libera a quegli impazienti».
Le successive alleanze internazionali imposero ulteriori sforzi organizzativi, e tra il 1881 e il 1884 vennero creati 6 comandi di reggimento alpini che raggruppavano 20 battaglioni e ben 72 compagnie. Dal 1882 alla Rocca risiedette la 54 a compagnia del Battaglione Valcamonica.
Con un’ulteriore riordino dei reparti alpini, nel 1887 nasce il Battaglione Rocca d’Anfo, con le compagnie 53a, 54a e 55a.
Il 13 gennaio 1889 il Battaglione Rocca d’Anfo assunse la denominazione Vestone; nel 1890 si insediò nella caserma “Chiassi”, a Vestone.
All’avvicinarsi della guerra 1915-18 alla Rocca, oltre all’ordinario presidio, risiedettero anche due compagnie di Artiglieria da Fortezza che avevano il compito di armare le batterie della Rocca stessa, del Forte di Valledrane e di quello di Cima dell’Ora; tuttavia, visto il rapido arretramento austriaco, in quel periodo gli unici colpi di cannone furono sparati dalle batterie di Rocca d’Anfo soltanto per i genetliaci dei sovrani e per la festa dello Statuto.
Dopo la Prima guerra mondiale non vi rimasero reparti alpini. Durante la Seconda guerra mondiale fu un presidio militare e in seguito deposito di munizioni, fino al 1976, dopo di che fu abbandonata.
La proprietà è ancora oggi del demanio statale; nel 2006 il Comune di Anfo, con il supporto della Comunità Montana di Valle Sabbia, ha intrapreso un progetto di recupero.
La caserma “Chiassi” di Vestone
L’edificio che a Vestone fu una caserma alpina ebbe origini ben diverse da quelle militari. Fu infatti costruito all’inizio del XVII secolo come convento dei frati Cappuccini, che si insediarono a Vestone, nella piana di Mocenigo, su esplicita richiesta della popolazione valsabbina. La prima pietra venne posta nel 1603; tutto il complesso divenne agibile nel 1607, anno in cui vi entrò la famiglia religiosa. Vi erano edificate 23 celle ed altre sale, compresa la chiesa dedicata a S. Francesco e a S. Antonio da Padova.
L’attività durò quasi due secoli, fino a quando la Repubblica di Venezia, nel 1769, soppresse molti conventi dello Stato, compreso quello di Vestone. Nonostante le proteste dei valsabbini, il 10 settembre 1769 i frati furono costretti a lasciare il convento, che nel dicembre dello stesso anno fu messo all’asta. L’anno successivo fu acquistato da un privato, con l’obbligo del mantenimento della chiesa.
Nel 1799, gli Austriaci, per ingraziarsi la popolazione, riaprirono il convento, ma i Francesi lo richiusero. Partiti definitivamente i frati, il convento fu messo in vendita. La chiesa rimase aperta al culto fino al 1879.
Subì vari passaggi di proprietà; l’ultimo acquirente, dopo aver usato parte dell’edificio ad uso di abitazione civile, galletteria e filanda, vendette l’area al Demanio, Ministero della Guerra, con atto notarile 27 luglio 1887.
Nel 1889, il convento ormai smobilitato divenne caserma “Chiassi”[1]. Iniziarono i lavori di demolizione e di ampliamento: dalle celle furono ricavate le camerate per la truppa; dalle scuole gli uffici; dalla chiesa il magazzino per le divise militari. Si aggiunsero due ali di fabbricato e s’incanalò una sorgente per l’acqua. Ultimati i restauri, vi prese possesso nel 1890 il Battaglione Alpini Vestone.
Prima del conflitto mondiale 1915-18, il Vestone venne traslocato a Verona e la caserma “Chiassi” continuò ad essere il magazzino del Battaglione.
Durante la Grande Guerra divenne “Ospedale da Campo 062”. Successivamente il Vestone con il suo comando venne trasferito a Bressanone, mentre a Vestone rimase solo il magazzino, che nel 1934 fu trasferito definitivamente a Desenzano del Garda. Le chiavi, non la proprietà, passarono al Comune di Vestone.
Durante i primi tre anni del Secondo conflitto mondiale (1940-43) la caserma fu usata come campo di raccolta dei prigionieri di guerra jugoslavi (Campo di Concentramento n. 23).
Dal 1943 al 1945 fu sede della Guardia Nazionale Repubblicana della R.S.I. Dopo il 1945 fu usata come prigione militare, fino al 1957. Nel 1959 ospitò gli sfollati, a causa di un’alluvione, di Levrange (Pertica Bassa); poi rimase inutilizzata.
Nel 1972 la caserma “Chiassi” divenne proprietà del Comune di Vestone, il quale nel 1983 vi ricavò degli alloggi per fini sociali. Nel 1988 gli alpini del Gruppo di Vestone iniziarono il restauro della chiesa che è stata restituita al culto nel 1990.
La caserma “Cantore” di Salò
L’edificio che a Salò fu una caserma alpina si trova in contrada del Carmine, l’antica contrada Calchera, ed il primo reparto alpino che vi si stanziò fu una compagnia del Battaglione Alpini Rocca d’Anfo ed in seguito del Vestone. All’inizio della Prima guerra mondiale vi prese vita il Battaglione Alpini Monte Suello. La caserma, che fino ad allora era rimasta senza nome, fu dedicata al generale Antonio Cantore[2].
In seguito fu sede di un Distretto militare e, durante la R.S.I., dei reparti della Divisione Mobile Ettore Muti e della X Mas (Decima Flottiglia Mas).
Nel secondo dopoguerra fu sede dell’Istituto Tecnico Commerciale “Cesare Battisti” ed in seguito del Liceo Scientifico “Enrico Fermi”, fino al 2005. Ora i locali ospitano uffici del Comune di Salò e in alcuni locali al pian terreno la nuova sede della nostra Sezione.
La caserma “Leonida Magnolini” a Bogliaco di Gargnano
Fu costruita nel 1913 dall’Amministrazione comunale di Gargnano, su scelta del Ministero della Difesa, come presidio militare sull’Alto Garda, allora terra di confine con l’Impero austro-ungarico. Durante la Grande Guerra fu centro attivo di reclutamento di giovani dei paesi dell’Alto Garda e della Valle Sabbia e di smistamento della truppa lungo le linee difensive dell’entroterra (Nota, Tremalzo, etc.).
Soppresso negli anni Venti il presidio militare, la caserma fu a lungo inutilizzata. Fu con la Seconda guerra mondiale che riprese la sua funzione; il 1° aprile 1943 fu posta nell’atrio dell’ingresso una lapide con la seguente iscrizione: «In questo nido gli aquilotti del Vestone Val Chiese Verona misero le penne e spiccarono il volo verso le desolate steppe del Don, dove ben usarono il rostro e gli artigli».
Nel periodo della Repubblica di Salò venne destinata a sede della 44ª Centuria Nazionale Forestale e delle guarnigioni militari di Mussolini, che risiedeva a Gargnano, nella Villa Feltrinelli. Nel secondo dopoguerra la caserma fu dedicata a Leonida Magnolini (Edolo, 1913- Fronte russo, 1943)[3].
Negli anni Sessanta la proprietà dell’immobile passò al Ministero dell’Interno, che la adibì a ricovero di profughi e di sfollati dalla Tunisia; nel cortile furono costruite sei baracche di legno, usate per una decina d’anni. Successivamente fu sede di un consultorio pediatrico e, dal 1985, della Comunità Montana Alto Garda bresciano.
Oggi i locali della caserma accolgono una sezione dell’Associazione Volontari del Garda, il magazzino comunale, l’Agri Coop Alto Garda Verde.
[1] Giovanni Chiassi, di Mantova, garibaldino, partecipò alle campagne risorgimentali del 1848, 1849, 1859 e alla spedizione dei Mille. Morì combattendo valorosamente a Bezzecca nel 1866, a soli 39 anni.
[2] Antonio Cantore, nato a Sanpierdarena (GE) nel 1860, generale comandante la 2a Divisione nella zona di Cortina d’Ampezzo, morì colpito da un cecchino austriaco il 20 luglio 1915 mentre stava ispezionando, sprezzante del pericolo, la Forcella di Fontana Negna, tra le due Tofane.
[3] Sottotenente del 2° Reggimento artiglieria alpina, morto a Nikitowka in azione di guerra, Medaglia d’Oro al Valor Militare